Il dopo-Walt Disney

ATTENZIONE. Tutte le immagini relative a Walt Disney o alle opere della sua azienda, sono © Disney.

La Disney senza Walt

Il quindici Dicembre 1966, Walt Disney smise di preparare i sogni del mondo intero.
Walt era a capo di un impero colossale quando lo lasciò; impensabile quindi che tutto finisse con lui. Ma se è vero che la sua azienda ha continuato a produrre anche dopo la sua morte, è altrettanto vero che la sua presenza era il motore principale della Walt Disney Company.
Già ne "Il Libro della Giungla" si sente la mancanza di elementi fondamentali del racconto più marcatamente disneyano, quali ad esempio l'amore, i buoni sentimenti, il coraggio e, soprattutto, un personaggio cattivo dominante. Tutto questo c'è ovviamente nel film, ma in secondo piano rispetto alla trama principale che, di fatto, si risolve in un viaggio verso il villaggio e in una carrellata di incontri più o meno strani.
Questo è un mio parere personale che non tiene conto di un fatto fondamentale: si tratta di uno dei più grandi successi della Factory.
Col film seguente siamo già negli anni settanta. "Gli Aristogatti" è il primo cartoon realizzato totalmente senza Walt Disney. Grazie al talento di un regista come Wolfgang Reitherman il prodotto è lodevole, ma la Disney stava cercando una nuova identità che non doveva tradire il pubblico e doveva rifarsi ai temi canonici. Impresa non da poco.
Problemi interni

Anche se si tende a pensare alla Disney come ad un luogo felice dove gli artisti sono tutti un po' bambini e i bambini sono un po' artisti, non si può immaginare che una azienda attraversi gli anni e i decenni senza un po' di sano pragmatismo. In altre parole, come tutte le attività, necessita di una gestione fatta di calcoli, previsioni, libri paga, manager capaci e via così.
Con Walt in vita c'era un personaggio che catalizzava tutto questo e ne traeva forza nuova, ma quando il capo non c'era più?

Walt si rendeva conto che avendo due figlie femmine e volendo lasciare la gestione del suo regno ad un uomo, doveva scendere a compromessi. Roy, dal canto suo, aveva un figlio maschio che sognava di mettere a capo di tutto. Accordo fatto allora? Neanche per idea!
Il figlio di Roy Oliver Disney, di nome Roy Edward, non era particolarmente simpatico a Walt, inoltre non godeva di una buona fama all'interno degli Studios. Qualcuno dice che fu definito "Il nipote scemo".
Se è vero, ci si sbagliava enormemente!
Ad ogni modo Walt non voleva che il testimone passasse a lui, ma al marito di Diane Disney, figlia di Walt, Ron Miller.
Questo testo è stato preso da http://disneyano.altervista.org con un copia e incolla
In quegli anni, all'amministrazione, c'erano sia Roy Edward che Ron Miller.

Immediatamente dopo la morte di Walt, Roy, rendendosi conto della situazione, lasciò la sua carica dirigenziale, istituendo ben due commissioni che lo avrebbero sostituito: una di fedelissimi di Walt, l'altra di seguaci della politica di Roy. Contava così di bilanciare le forze che animavano lo studio in maniera analoga a quanto faceva Walt da solo. La cosa funzionò sufficientemente, almeno sul piano economico.


Gli anni di Miller

La gestione di Miller si assestò così: un film d'animazione ogni tre/quattro anni, una serie di film live action piuttosto ordinari e, per fortuna, un continuo flusso di denaro proveniente dai parchi a tema che, nell'Ottobre del 1971 erano diventati due. Quell'anno aprì i battenti Walt Disney World.
Quello stesso anno scomparvero due grandi personaggi del mito Disney: Ub Iwerks (11 Luglio), co-autore del personaggio di Topolino, e Roy Oliver Disney (Dicembre), da sempre al fianco di Walt nel bene e nel male.

Le due commissioni erano sempre più in disaccordo. Quando nel 1978 Miller divenne Chief executive officer (ovvero presidente), l'azienda era in crisi.
Ora Miller era solo al comando ma, a dispetto di tutte le idee di Walt su di lui, la gestione aziendale non era nelle sue corde. Se negli anni settanta il nome di Walt Disney si associò a film che non raggiungevano i livelli dei bei tempi, la parabola discendente continuò implacabile e all'inizio degli anni ottanta la Walt Disney Company era al disastro.


Nessun Disney alla Disney

Durante l'epoca Miller, le cose andavano sempre peggio. Per guadagnare punti si pensò di aprire una nuova divisione produttiva. Nacque la "TOUCHSTONE PICTURES" che, a onor del vero, esordì alla grande con un successo dal titolo "Splash-Una sirena a Manhattan", ma questo non cambiò le cose, nè avrebbe potuto. Lo dimostra il fatto che la pellicola uscì il 9 Marzo 1984, quello stesso giorno, indipendentemente quindi dal successo o meno del prodotto, Roy Edward Disney, figlio di Roy Oliver e nipote di Walt, rassegnò le dimissioni dall'azienda di famiglia. A dirigerla, a quel punto, non c'era nessuno col cognome "Disney".
Roy abbandonava la nave che affondava? NO, Roy Edward Disney si preparava alla guerra.
Il nipote scemo?


Roy E. Disney. Nipote di Walt.Roy contattò Stanley Gold, valente avvocato e, poi, Frank Wells, vicepresidente della Warner Bros. Insieme decisero di rimettere in piedi l'impero Disney. Qualcuno definì il trio Disney-Gold-Wells la troika di guerra. La loro prima mossa fu quella di contattare Michael Eisner, a quel tempo alla guida della Paramount, e cercare di farlo divenire presidente della Disney al posto di Miller. Roy era azionista e quindi aveva ancora voce in capitolo, ma soprattutto aveva sostenitori all'interno del consiglio d'amministrazione. Ma ci volle tempo.
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Il calo delle quotazioni in borsa delle azioni Disney favorì le scalate degli speculatori, altra cosa di cui si occupò Roy. Così facendo bloccò l'idea (tremenda) di un aquisto in blocco della "Walt Disney Company" da parte di estranei che l'avrebbero poi smembrata per rivenderne le parti redditizie (gli enormi edifici di Burbank, il catalogo di film, i parchi e tema, etc..) annientando il sogno di Walt Disney.

Nel 1984 Ron Miller fu estromesso e Roy rientrò alla Disney; portò con lui Gold, Wells e, poche settimane dopo, Michael Eisner che divenne nuovo Chief executive officer. Eisner, a sua volta, ottenne come assistente personale Jeffrey Katzenberg che lasciò la Paramount per questo incarico.
Roy Disney, il "nipote scemo" (!!!), aveva salvato la Disney dal tracollo completo, dallo smembramento azionario e, nella migliore delle ipotesi, da una sopravvivenza mediocre.


La rinascita

Il regno di Michael Eisner iniziò con uno sfoltimento del personale e, naturalmente con l'arrivo di forze nuove per la sua sostituzione. L'azione coinvolse tutti i gradi della gerarchia. Eisner aveva lasciato la Paramount Pictures per la Disney e pensò che sarebbe stato opportuno far seguire ad altri la sua strada, fu così che rinvigorì l'azienda le cui redini ora erano nelle sue mani. La "Touchstone" con un nuovo direttore, produsse molti successi, nacque poi una terza sezione di produzione, la Hollywood Pictures.

Eisner mise in atto un progetto che sotto Miller non riuscì a prendere forma. Si trattava di un complicatissimo copione cinematografico che prevedeva un grande utilizzo della scrittura mista, vale a dire sequenze che miscelano attori e disegni. Lo sforzo produttivo fu colossale, tanto che la produzione si associò alla Amblin di Steven Spielberg, ma il successo che ne derivò fu epocale. Era nato "Chi ha Incastrato Roger Rabbit?". Nel 1988, con Roger Rabbit, era uscito anche "Oliver & Company" che propose qualche accenno di computer grafica.
Era a quel tempo già in avanzato stato produttivo il primo colossal d'animazione realizzato dopo la morte di Walt. Soprattutto era la prima fiaba realizzata dalla Disney da trent'anni a quella parte. Il 17 Novembre 1989 uscì lo splendido "La Sirenetta", che polverizzò ogni precedente record di incassi per un film d'animazione e mise in moto un sistema di marketing come non si era mai visto prima. Seguì, nel 1990 "Bianca e Bernie nella Terra dei Canguri", poi nel 1991 uno dei più amati prodotti Disney in assoluto: "La Bella e la Bestia". Poi ci fu "Aladdin"nel '92. Il 1994 è l'anno de "Il Re Leone".
Da questo periodo in poi se un film d'animazione Disney non arriva alla fascia dei record d'incasso, si parla di successo limitato!!!


Le innovazioni

Sul piano tecnico si riprende la via cara a Walt: la caccia all'ultimo ritrovato.
Già con "Oliver" si erano incontrate l'animazione tradizionale e quella computerizzata (anzi, un primissimo approccio è già presente in "Basil - L'Investigatopo" del 1986). Si continuò su questa strada con "La Sirenetta" e "La Bella e la Bestia".
Si arrivò anche a prodotti di animazione realizzati totalmente al computer nel 1995 con "Toy Story".
Si muoverà alla Disney l'accusa di dare troppa importanza alla tecnica e poca ai contenuti. Se anche in qualche caso la tecnica ha davvero dominato un film, nel complesso lo spirito disneyano sembra essere tornato nel pieno della sua forza.
I grandiosi successi della gestione Eisner hanno ridato ossigeno all'animazione, un'arte che pareva essere sul viale del tramonto e che, invece, è divenuta uno dei terreni di battaglia della Hollywood negli anni a cavallo tra il secondo e il terzo millennio.
La Disney, in questa battaglia, è sempre il termine di paragone.
Il celeberrimo logo.

La fonte di questa pagina è quasi esclusivamente il libro "Walt Disney, il Principe Nero
di Hollywood" (Bompiani, 1994), con l'aggiunta di nozioni raccolte nel tempo.

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