Un Nuovo Secolo (1)

ATTENZIONE. Tutte le immagini relative a Walt Disney o alle opere della sua azienda, sono © Disney.

Alti e bassi

La pagina di questo sito relativa al Dopo Walt, si chiude con una idea assolutamente positiva della situazione attuale del cinema d'animazione "made in Disney", ma un aggiornamento nato a tre anni di distanza (2001 quella pagina, 2004 questa) non può prescindere da una analisi obbiettiva, comprensiva di luci e ombre.

Purtroppo le ombre sono la maggioranza. Bisogna però tenere presente che parliamo di un periodo piuttosto breve e che la situazione è cambiata per tutto il cinema di animazione.
La Disney è ancora il termine di paragone per questa forma di arte, ma la sua leadership subisce attacchi forti e continui.


La concorrenza

Per gran parte della sua storia, la Walt Disney non ha avuto concorrenti agguerriti nel campo dei lungometraggi animati. Anche i prodotti lodevoli come, ad esempio "I Viaggi di Gulliver dei Fratelli Fleischer, uscito già nel 1939, sono finiti presto nel dimenticatoio.
Diverso il discorso degli shorts, dove il dopoguerra ha visto il sorpasso da parte dei frenetici prodotti della Warner Brothers.

Forse è solo negli anni ottanta che qualcuno ha messo in movimento mezzi produttivi e pubblicitari imponenti come quelli di cui disponeva la Disney. Per giunta questo accadeva in un momento in cui la stessa Factory di Topolino ne era sprovvista.
A guidare "l'attacco" era un maestro del cinema di intrattenimento per famiglie: Steven Spielberg, a sua volta messosi in gioco con un topo. Spielberg propose infatti "Fievel Sbarca in America".
Un forte colpo fu assestato anche da Don Bluth con un altro topo, 'stavolta femmina, di nome Brisby nel fascinoso "Brisby e il Segreto di Nimh". Fa riflettere che Bluth fosse uscito dalla Disney perché non d'accordo con le linee produttive.

Potevano sembrare anch'essi casi sporadici, ma non era così. I favolosi successi di "Chi Ha Incastrato Roger Rabbit" prima e de "La Sirenetta" poi, dimostrarono che il mercato era ricco e aperto. Se da un lato riportarono la Company sulla cresta dell'onda, dall'altro cambiarono il panorama mondiale del cinema d'animazione.


Disney a tutto campo

La direzione di Michael Eisner, Roy Disney e Jeffrey Katzemberg aveva compiuto il miracolo di trasformare in pochissimo tempo una azienda in crisi nella più grande industria mondiale dell'intrattenimento. Così se la concorrenza creava prodotti ormai al livello di quelli Disney, la Disney produceva film di sempre maggior successo e allargava le proprie attività ad altri campi.
Nel 1994, quando "Il Re Leone" stabilì il record di incassi per un film d'animazione, aveva da un paio di anni aperto i battenti il primo parco a tema europeo: Euro Disney, il cui nome ufficiale divenne presto Disneyland Paris. L'investimento fu titanico ma, a sorpresa, il successo che appariva sicuro non arrivò se non dopo numerosi ritocchi a tutti i livelli. Anche così il parco resta una luce meno vistosa di quella dei tre fratelli maggiori: Disneyland, Walt Disney World e Tokyo Disneyland.

Nel 1993, la casa indipendente MIRAMAX navigava in cattive acque e accettò l'offerta della Disney: il rilevamento dell'azienda e la copertura di tutti i debiti. La Miramax, ora, si sarebbe occupata di distribuzione su scala mondiale di film di altre case, nonchè di importazione negli States di film stranieri.

In Francia aprì anche una divisione produttiva che avrebbe lavorato bene su prodotti secondari ma gradevoli come "Zio Paperone alla Ricerca della Lampada Perduta" e "In Viaggio con Pippo". Collaborò anche ai Classici prodotti a Burbank, contribuendo in maniera diretta a creare la magìa Disney, da sempre radicata nei lungometraggi animati di "serie A".

E' del 1995 la notizia dell'acquisizione in blocco del network televisivo americano ABC, lo stesso al quale Walt Disney si appoggiò per finanziare il progetto della prima Disneyland.

La Disney rilevò, quasi per gioco, una squadra di hockey su ghiaccio che si fece notare anche al di fuori dei film della serie "Mighty Ducks", ad essa dedicati.

Addirittura nel 1997 e 1998, furono costruite due imponenti navi da crociera, la "Disney Magic" e la "Disney Wonder", per portare i passeggeri a spasso per i mari fino a Castaway Cay, un'isola caraibica di proprietà della Disney.

I Disney Store, negozi delle meraviglie a tema Disneyano, erano sempre più diffusi e apparvero in molte città del pianeta.

Galvanizzata dagli incassi e i gradimenti dei film da "La Sirenetta" in poi, la Casa del Topo promise un lungometraggio all'anno.

Tutto questo senso di onnipresenza e megalomanìa dava in effetti l'impressione (fondata) di grande potenza, ma incrinava l'incanto, lasciando trasparire in maniera sempre più chiara l'interesse economico dietro le figurine animate così care al pubblico.
Fin qui, però, si tratta di elucubrazioni personali che ciascuno può fare o non fare. Tranne che per la frequenza annuale dei Classici. Fu facile temere che il fascino fosse inversamente proporzionale alla quantità.
Un film all'anno non sarebbe stato troppo?


Ritmi mai visti

Negli anni ottanta, la Disney entrò anche nel mondo delle serie televisive con prodotti originali come "I Wuzzles" e "I Gummi", e altri ispirati a personaggi già esistenti. Molto gradita dal pubblico fu la serie delle "Duck Tales" incentrata su Zio Paperone e derivata da storie a fumetti popolari di autori del calibro di Carl Barks.
Anche "Aladdin", "La Sirenetta" e "Il Re Leone" ebbero le serie TV derivate, con risultati meno eclatanti, ma non disdicevoli.

Quello che infastidì molti fan fu l'entrata in scena di un nuovo tipo di prodotto che aveva il potere di scalfire anche i Classici migliori: i sequel per l'Home Video.
Una volta scoperto che il mercato delle VHS (e poi DVD) era redditizio come e più dei parchi, le uscite si sprecarono. Se all'inizio si cercava di mantenere almeno un mezzo legame col film originale (il primo sequel fu "Il Ritorno di Jafar"), venne presto il momento di film che contavano solo sulla presenza di personaggi già amati per vendere più copie possibile. Addirittura film di un'ora composti da tre episodi da 20 minuti, animati in maniera estremamente ridotta e musicati di conseguenza. Trame piatte e non sempre chiare.
Prendi un Classico Disney, togli le animazioni sofisticate, le musiche memorabili, le storie che affascinano; cosa resta? I personaggi! Peccato che in questi film tutto sia standardizzato e i caratteri siano semplificati al limite del possibile.
Il fatto che non ci si facesse scrupolo di creare seguiti di film nati sotto Walt Disney in persona, mise in chiaro che tutto era possibile.

Molti seguiti, bisogna dirlo, non sono oggettivamente brutti, ma il fatto stesso di intaccare un film amato tende ad inquadrarli in prodotti di secondo piano, anche quando invece dell'uscita diretta in Home Video, le pellicole hanno l'onore delle sale cinematografiche.

La collaborazione con la PIXAR animation portò a uscite di film tutti in CGI che conquistarono le folle. La Disney aveva un ruolo marginale, ma nondimeno i personaggi di questi film portarono fortuna.

Tra il Classico annuale, i film in CGI e quelli nati per il mercato domestico, dell'attesa che accompagnava le uscite fino a metà degli anni '90 resta davvero poco.
Senza dimenticare che Spielberg, con la complicità di Jeffrey Katzemberg (proprio quello che risollevò la Disney con Roy e Eisner) aveva creato la Dreamworks SKG con il chiaro intento di contrastare la Disney. Anche la Dreamworks pagò lo scotto di cotanta presenza di lungometraggi animati, vedendo limitati gli incassi dei film successivi a "Il Principe d'Egitto".


La nuova crisi?

Questi fattori, uniti a molti altri più complessi e riservati a esperti di economia e/o di spettacolo, hanno portato la Walt Disney Company a far temere che venti anni di gestione Eisner abbiano seguito una parabola ascendente e discendente che riporta al punto di partenza.
Nel 1984, Michael Eisner entrava in una Disney sull'orlo della bancarotta, nel 1994 la casa di produzione era il centro di un impero colossale, dagli introiti di molto superiori a quelli dei momenti migliori avuti sotto Walt Disney stesso. Nel 2004 la divisione produttiva francese aveva ormai chiuso i battenti, quella di Orlando in Florida fece lo stesso. I Disney Store ridimensionavano le loro presenze. Ma fin qui parliamo di meri dollari.

Il problema centrale è forse che i Classici mancano dell'incanto da sempre presente nei prodotti Disney, sostituito da ritrovati tecnologici sempre migliori che non reggono il confronto. L'incanto dura sempre, la tecnologìa solo finché non ne esce una migliore.
Alcuni dei creatori dei film della rinascita lasciano la Disney e lavorano per altri studi.
Se analizziamo i Classici seguenti al 1994, troviamo il bel "Pocahontas", lo splendido "Il Gobbo di Notre Dame", il divertente ma deludente "Hercules, il riuscito "Mulan", l'ottimo "Tarzan", l'ambizioso "Fantasia 2000", il divertente e poco Disneyano "Le Follie dell'Imperatore", il freddo e disincantato "Atlantis", e via così.

Incassi altalenanti tendenti al basso (il che, dopo un blockbuster del calibro de "Il Re Leone", era quasi prevedibile) ma purtroppo anche film che non smuovono più le famiglie ad andare al cinema unite. Adesso, davvero, gli adulti si limitano ad accompagnare i bambini. Fino a pochi anni fa, accompagnava il piccolo di casa l'intera famiglia, approfittando dell'occasione....
Brutti film? Magari no, ma nel complesso si sente la mancanza della magìa. Non in maniera totale; restano delle luci che fanno ben sperare. "Il Gobbo di Notre Dame" è commovente e credibile. "Tarzan" è ritmato e fascinoso. Per il resto si punta molto sull'avventura, sullo spettacolo e, purtroppo, sugli effetti computerizzati.
Disney ha sempre aperto nuove strade che gli altri hanno potuto seguire. Ora succede che la Disney crea film che sembrano voler emulare prodotti altrui, perdendo quell'aria riconoscibile che tutti ci aspettiamo.

In futuro avremo una "Raperonzolo" e una "Regina delle Nevi", ma dobbiamo aspettare così tanto per ritrovare l'incanto perduto? Auguriamoci di no!
Dopotutto la storia Disney non è fatta di soli successi e i momenti bui ci sono sempre stati. Forse, in questo momento, negli Studi di Burbank sta già nascendo il film che riporterà il marchio del castello ai livelli d'oro.


Il Sol Levante

Nel 2003, l'Oscar per il miglior film d'animazione lasciò gli Stati Uniti d'America e volò dalla parte opposta del pianeta. "La Città Incantata" del maestro Miyazaki meritò il premio superando in scontro diretto "Lilo & Stitch". Undici anni prima, nel 1992, quando la categoria "miglior film d'animazione" non esisteva neppure, "La Bella e la Bestia" ricevette la nomination come miglior film, competendo non solo con i cartoons, ma con tutto il cinema di quel momento!!! Il premio andò a "Il Silenzio degli Innocenti", ma la Storia non può non ricordare l'evento di una nomination ad un film senza neppure un attore.

Sul piano economico, l'Oscar di Miyazaki non turbò affatto la Disney, non solo perché "Lilo" stava già portando incassi notevoli alla "Casa del Topo", ma anche perché "La Città Incantata" era compreso nel rapporto esistente tra la Disney e il Maestro nipponico e il film veniva distribuito su scala mondiale dalla Miramax. Così la luce (e i dollari) derivati dall'Oscar, passavano anche a Burbank.
Il discorso ritorna: la manovra economica sembra funzionare, ma l'incanto Disney non c'è in prodotti che giocano altre carte. L'animazione del sol levante è agli antipodi in molti sensi rispetto a quella disneyana. Tutto un altro stile; non migliore o peggiore, solo diverso.


Disney e non più Disney

La storia si ripete. Nel 1984, Roy Disney lasciò l'azienda di famiglia. Vi sarebbe rientrato dalla porta principale poco dopo, per riassestarne le fondamenta.
Nel 2004, raggiunta l'età del pensionamento obbligatorio, Roy Edward Disney esce da quella stessa porta lasciandosi alle spalle una società ancora in attivo, ma nel pieno di una pericolosa crisi creativa. Da notare che la creatività è (o dovrebbe essere) il centro di una azienda quale è la Walt Disney Corporation.
Roy lasciò sulla scrivania del presidente Eisner una lettera carica di sdegno, nella quale lo accusava, di fatto, di aver sacrificato l'arte e la creatività al dio denaro.
Se l'estromissione di Roy era relativamente giustificata dalla regola interna dell'obbligo di pensione all'età di 73 anni, fa pensare la presenza, accanto alla lettera di Roy, di quella di Stanley Gold, uno degli uomini di quella Troika di Guerra che rimise in piedi la Disney nel 1984, insediando lo stesso Eisner al comando.

La Disney stava rifiutando Roy. Sarebbe stato tanto difficile nominare il nipote di Walt Disney Vice Presidente Onorario, per esempio? L'azione sarebbe stata così abominevole?

Ad ogni modo, Roy Edward Disney, era ora invitato a godersi la sua meritata pensione...


Acquisizione da parte di terzi?

Il 12 Febbraio 2004 la Disney aveva alle spalle un anno chiuso in positivo grazie agli incassi di film come "La Maledizione della Prima Luna" e "Alla Ricerca di Nemo", quindi destò ancora più scalpore la notizia dell'offerta della Comcast. La società, in primissimo piano nel mercato statunitense della TV via cavo, offriva 66 miliardi di dollari per comperare tutto l'Impero Disney: gli studi, i parchi, il catalogo, l'ABC, i Disney Stores,...
La Comcast avrebbe anche risanato i debiti in corso.
Sembra ieri, quando la Disney fece lo stesso con la Miramax.

Alcune voci dicono che a sostenere questa azione così clamorosa c'era anche qualcuno che la vedeva non tanto come una minaccia, ma come una possibilità. Roy Disney, infatti, si dice che fosse a favore dell'inglobamento.
Anche la Warner era interessata all'acquisto dell'impero Disney e perfino la PIXAR, poco dopo aver annunciato l'intenzione di non rinnovare il contratto di collaborazione con la Disney, si fece avanti per il rilevamento.
La mastodontica Disney era diventata un'oggetto conteso da altre case.

La Disney non accettò nessuna offerta, ma il semplice fatto che qualcuno si sia fatto avanti, la dice lunga sulla situazione economica della factory di inizio millennio.


Quale futuro?

Il terzo millennio è iniziato quindi con il sole oscurato da molte nubi, per la Disney. La dichiarata intenzione di mettere da parte l'animazione tradizionale sostituendola con quella computerizzata appare come una frattura con tutto quello che il cinema Disney è sempre stato, a partire dalla immagine che ha dato di sè, e l'immagine Disney è quella dei suoi cartoons.
Considerare "Toy Story" il nuovo "Biancaneve e i Sette Nani" appare francamente difficile e viene da chiedersi se sessant'anni faranno di Woody e Buzz personaggi vivi e credibili come Biancaneve.

Presto arriveranno nuove fiabe prodotte dalla Disney, che saranno una specie di punto di incontro tra i due film, nel senso che si ispireranno a racconti popolari e saranno realizzate in CGI. Potranno questi film eguagliare l'incanto dei Classici? Ameremo Raperonzolo come abbiamo amato Cenerentola o Belle?
Quest'ultima domanda avremmo potuto porcela anche quando si misero in produzione le tre fiabe trasportate sullo schermo tra il 1989 e il 1992. Quella volta non restammo delusi. Però quei film si riallacciavano al Disney più amato in maniera diretta ed evidente. L'animazione al computer segna invece una frattura col passato.

Sono ormai in molti ad auspicare un ritorno alla tradizione per la Walt Disney Corporation. In primo luogo il pubblico, ma anche Roy Disney, estromesso ma non domo, vorrebbe vedere l'azienda di suo padre e suo zio risplendere come solo lei poteva. La figlia di Disney, Diane, non dimostra grande stima per Eisner e i suoi metodi.
Cosa sarà la "Fabbrica dei Sogni" tra dieci anni? Ci regalerà ancora quei gioielli che l'hanno fatta grande? Riuscirà a convogliare le famiglie al cinema per vedere dei disegni in movimento?
Speriamo proprio di sì. Era bellissimo commuoversi perché una ragazza in imbarazzo davanti ad un'enorme Bestia che mangia scomposta, decideva di fare a meno delle posate e portava alla bocca il piatto, venendo così incontro alla creatura. Era emozionante osservare per un momento gli occhi saettanti di un leoncino che cercava il padre, travolto da una mandria senza controllo in un vallone africano.

Sono cose che appartengono agli anni novanta. Possibile che sembrino già così lontane nel tempo? Possibile che non si sia più in grado di crearle?
Preferiamo credere che ce le possano ancora regalare, basterebbe che lo volessero.
Il prezzo di un biglietto sembrava così irrisorio, se in cambio ci sentivamo toccati nel cuore, ci dimenticavamo che quelli erano solo disegni, le musiche ci cullavano e ci si imprimevano nella mente.
Oggi non è più così, ma chissà, domani potrebbe esserlo di nuovo. Una delle eroine più amate di sempre diceva: "Tu sogna e spera fermamente, dimentica il presente, e il sogno realtà diverrà". Quella ragazza di carta sposò il principe azzurro e risollevò le finanze della Disney nel dopoguerra.


INIZIO PAGINA


Clicca qui per
entrare nel Forum

Vuoi un Forum gratuito come il mio?
ForumCommunity.net


Mandami una E.Mail cliccando qui. Per i tuoi commenti, per i tuoi pareri, per le tue critiche e per quello che vuoi.


Se vuoi tornare a trovarmi l'indirizzo è
http://disneyano.altervista.org

Questo sito è ottimizzato per una definizione di "1024 X 768" e per una visualizzazione con "FRAMES".
Impostazioni diverse hanno effetto sulla disposizione degli oggetti e dei testi.
Se non vedi il Frame a sinistra con l'elenco delle pagine è necessario aprire la
pagina principale.

LE ALTRE PAGINE DEL SITO:

Torna all'home page
La vita di Walt DisneyLa Disney senza di luiAnimazione e Tecnica Mista
Elenco dei Classici I lungometraggi dal vivo Siti interessanti

INIZIO PAGINA